Ven. Giu 20th, 2025

Dispersione scolastica e Dad: parti uguali tra disuguali

A cura di Ennio Silvano Varchetta

RIFLESSIONE A NOME DEI RAGAZZI PERDUTI
Dal mese di marzo 2020 a oggi non si trova una fonte ufficiale unica di quanti siano i “dispersi” in Italia, non si sa cioè con immediatezza quali siano i ragazzi che di fronte alla scelta tra Dad o niente abbiano scelto il niente, né quando lo abbiano fatto.
A febbraio 2021 una ricerca curata da Ipsos e Save the Children ha registrato almeno un disperso per classe; a febbraio un’indagine della Comunità di Sant’Egidio, che prende in considerazione maggiormente le periferie, ha rilevato al Sud uno studente disperso ogni tre.
La Dad va bene per i diligenti, i motivati e gli organizzati, ma lascia indietro gli ultimi senza aver tenuto in debito conto le loro storie di esclusione. Ma non sono i docenti i destinatari di questo appello/monito,  esso andrebbe indirizzato all’intera comunità degli adulti.
Dovevamo e dobbiamo fare di più sapendo che nelle nostre città sono annidati, tra le case e i palazzi, eserciti di adolescenti esclusi che non hanno un motivo per alzarsi al mattino. I dpcm che si sono succeduti non hanno fatto abbastanza in tal senso, non hanno previsto una regola semplice, o se l’avessero messa in conto non è bastato: tutti i ragazzi che in qualunque modo sono a rischio di dispersione e di esclusione sociale a causa della pandemia hanno diritto a progetti educativi personalizzati, hanno diritto a incontrare altri adulti e altri giovani con cui studiare, hanno diritto di frequentare spazi di apprendimento cooperativo per uscire dalla solitudine, anche ipertecnologica, in cui sono relegati.
E non ne parliamo di Napoli e dei nostri quartieri periferici…
Qui le scuole fanno spesso e volentieri un’enorme fatica ad assicurare la normalità: edifici, in molti casi, con necessità di manutenzione, laboratori non sempre adeguati, spazi e personale insufficienti.
L’utenza poi, disomogenea e con una molteplicità di famiglie con problematiche sociali che si ripercuotono sui bambini e ragazzi determinando i loro insuccessi scolastici.
La scuola non è solo trasmissione di sapere. Adesso deve essere soprattutto un modo empatico che fa capire ai ragazzi come affrontare le emergenze. La scuola è saper stare vicini, anche attraverso
la didattica a distanza. Sarebbe necessario perciò ripensare la metodologia tradizionale, quella di spiegare la lezione, interrogare e mettere i voti.
Il professore deve essere un costruttore di buone prassi, una guida per il loro presente e il loro futuro.
L’urgenza sarebbe far ricominciare la scuola in presenza, rinnovando l’idea (fisica e psichica) di “scuola”, rendendola quanto più diffusa possibile: ma in Zona Rossa, con tutto ciò che essa comporta, ora è impossibile.
Però sarebbero possibili e in alcune realtà territoriali ciò avviene, il funzionamento di Patti Educativi di Comunità per consentire a piccoli gruppi di adolescenti di potersi riunire in uno spazio se non fisico almeno virtuale, della propria città, del proprio quartiere, e progettare momenti di confronto, di studio, di condivisione, di svago. Un modo di fare scuola, non sostituendosi ad essa.
Non solo, è necessario che nuove norme prevedano che i docenti vengano affiancati da educatori di strada, con la stessa urgenza con cui sentiamo di avere bisogno di più sanitari, medici e infermieri.
Questa specifica richiesta, insieme ad altre istanze per una complessiva tutela dell’infanzia, e dell’adolescenza è stata già avanzata, da più parti, al Ministero dell’Istruzione.
Oggi quell’incipit suonerebbe così “Cara Comunità degli Adulti, presa dalla partenza della Dad e dalla pandemia forse non ti sei accorta che io non mi sono mai connesso. Come non ti sei nemmeno accorta che tanti altri si sono disconnessi nel tempo, proprio come me. La Dad ci ha respinto nei letti e nei divani, altri di noi hanno ripreso a lavorare con le proprie famiglie, altri ancora nei sistemi criminali che li hanno immediatamente presi in considerazione. E, nella maggior parte dei casi, nessuno, purtroppo, è venuto a cercarci”.

di Redazione

Giornalista Professionista. Direttore di New Media Press

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