Ven. Giu 20th, 2025

Il 2 Novembre: Il giorno della commemorazione dei defunti

Il due novembre, il giorno in cui si celebra il rito della commemorazione dei defunti, molto sentito nella nostra cultura, affonda le sue radici in un passato lontanissimo. I Romani, per esempio, erano molto legati al mondo dei morti e le festività che riservavano a loro non erano una semplice commemorazione ma avevano uno scopo più ampio ovvero quello di placare le anime affinché non tornassero sulla terra a interrompere la quiete dei vivi. Queste festività, non si celebravano come oggi, a novembre, infatti, il poeta Ovidio nella sua opera, i Fasti, dove descrive le feste del calendario romano, riporta che per gli antichi Romani era febbraio il mese dedicato al ricordo dei defunti. Erano ben nove i giorni riservati a tale culto, andavano dal 13 al 21 di febbraio e consistevano in un ciclo che iniziava con i Parentalia del giorno 13 e terminavano con i Feralia del 21. I Feralia si chiamavano così perché durante quei giorni i vivi portavano (in latino fero fers) le offerte ai defunti, da cui l’aggettivo italiano ferale, legato alla morte. Un’offerta molto comune era quella di fiori o corone di fiori, in prevalenze viole, o gigli. Altre offerte che erano lasciate sulle tombe erano granelli di sale, spighe, pane inzuppato nel vino, farina, vino e una sorta di zuppa di fave, puls fabata o comunque fave. Un’altra festività riservata ai morti, celebrata dai Romani invece nel mese di maggio erano i Lemuria, dedicate ai lemuri gli spiriti della notte che, nella religione romana erano le anime che non riuscivano a trovare pace poiché deceduti a causa di una morte violenta. Sempre Ovidio racconta che durante questa festività il pater familias usava gettare per nove volte dietro le spalle baccelli vuoti di fave (o fave nere) appunto per placare i Lemuri. Le fave poi con il tempo sono state sostituite dalle fave dolci o fave dei morti, conosciute oggi,anche come i biscotti di Ognissanti chiamate così per la loro forma e preparate con una farina di mandorle dolci che si ottiene pestando nel mortaio delle mandorle secche e dello zucchero. Secondo la leggenda fu Romolo a istituire i Lemuria chiamati in origine Remuria, perché prendevano il nome da Remus, il fratello gemello di Romolo che questi uccise dopo aver fondato Roma. Remus apparve come un fantasma dopo la sua morte e chiese agli amici di suo fratello di fare in modo che le generazioni future lo onorassero. I Remuria nel tempo sono diventati i Lemuria e si trattava di un culto contraddistinto dall’allegria, probabilmente, perché si voleva rilevare l’attaccamento alla vita in contrapposizione con la morte. Durante i Lemuria si svolgeva anche una processione di ceri accesi di notte, in tutta la città, inoltre si era soliti lasciare fuori dalle case delle torce accese ai lati delle porte con delle vettovaglie in offerta ai defunti spiriti. I rituali appartenenti ai Lemuria videro la loro fine con papa Bonifacio IV, nel 610 che sostituì i Lemuria con il giorno di Tutti i Santi, festeggiato il 13 maggio fino al 732, quando papa Gregorio III ne trasferì la celebrazione al 1º novembre. Il rito attuale del 2º novembre fu poi canonizzato dall’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny, che nel 998 fece risuonare le campane ‘a morto’ dopo i vespri dell’1º novembre celebrando la “pro requie omnium defunctorum”. Un centinaio di monasteri dipendenti da quello di Cluny contribuirono al diffondersi della celebrazione in molte parti dell’Europa settentrionale tanto che nel 1311, anche Roma sancì ufficialmente la memoria dei defunti.

Maria Palma Gramaglia

di Redazione

Giornalista Professionista. Direttore di New Media Press

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