Campi Flegrei: Impianti geotermici in area ad elevato rischio eruzione

Campi Flegrei: Impianti geotermici in area ad elevato rischio eruzione

A meno di un anno dall’incidente provocato dalle trivellazioni a Pozzuoli, nell’ambito del progetto il progetto denominato “GeoGrid”, cofinanziato dalla Regione Campania e portato avanti dalla società Grad ed in accordo con Università ed Istituzioni quali Ingv, Federico II, Parthenope, Università Vanvitelli e Cnr la Regione Campania propone ora la ripresa di quel lavoro di perforazione.
Dopo le prime attività di un anno fa furono forti le proteste delle comunità locali che fermarono le trivelle a seguito dell’esplosione di un geyser alto più di 80 metri che per oltre 30 giorni causò la fuoruscita di gas maleodoranti.
Proprio a seguito di quell’incidente fu appresa la notizia delle perforazioni in corso all’interno della caldera dei Campi Flegrei, fino ad allora non comunicata ad altri Enti. Si trattava di un progetto finanziato con oltre 3 milioni e mezzo di euro, dal quale prese poi le distanze lo stesso Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, anche se in un primo momento aveva messo a disposizione il proprio personale. All’epoca lo scavo fu bloccato con l’ordinanza contingibile e urgente del 25 giugno da parte del sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia.
La Regione Campania vorrebbe quindi riprendere il progetto avviando nuove trivellazioni che in previsione saranno su via Scarfoglio ad Agnano, in un’area del Comune di Pozzuoli. Il progetto consiste in uno studio della natura geotermica del sottosuolo, partito nel mese di giugno del 2020, ed avviato da un consorzio di società e di enti pubblici di ricerca tra cui le Università Parthenope, Federico II, Sannio e Luigi Vanvitelli, oltre a C.N.R e INGV, studio finalizzato alla realizzazione di un impianto geotermico.
Tutto questo in un’area quale quella dei Campi Flegrei che sono uno dei dieci supervulcani esistenti al mondo noti alla massa per i fenomeni di sollevamento del suolo (bradisismo) in modo particolare per la crisi che colpì il comune di Pozzuoli tra il 1982 ed il 1984, con una crisi sismica che determinò un sollevamento del suolo che raggiunse quasi i 2 metri si arrestò nel 1985.
Fu necessaria l’evacuazione dell’intera area interessando migliaia di persone perché le caratteristiche del sollevamento, il numero dei terremoti pari anche a circa 500 al giorno e la loro magnitudo massima addirittura pari anche a 4-4,5, oltre alle forti emissioni di gas e vapori avevano fatto presagire una imminente eruzione.
Se si considera che il Vulcano Flegreo è una struttura vulcanica con un raggio di 15 km e di cui una eventuale eruzione potrebbe modificare radicalmente il paesaggio per decine o centinaia di chilometri, con volumi di emissioni che potrebbero addirittura arrivare a condizionare pesantemente il clima a livello mondiale per diversi anni.
Alla caldera flegrea sono dovute l’eruzione dell’Ignimbrite campana (circa 40mila anni fa)che si trova per esempio lungo tutta la Penisola Sorrentina, con una emissione di materiale vulcanico pari a circa 200-250km3e l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano (circa 15mila anni fa) con un’espulsione di materiale vulcanico di circa 40 km3 visibili nell’area del napoletano.
L’ultima eruzione storica risale all’anno 1538 con la formazione in una piccola baia vicino Pozzuoli di un vulcano (Monte nuovo) che distrusse ogni cosa per un raggio di qualche chilometro.
La pericolosità del progetto sta nel fatto che le trivellazioni avvengono in un’area con livello di allerta giallo di attenzione e potrebbero indebolire la struttura e la stratigrafia dell’area durante la loro esecuzione. Inoltre prevedono la realizzazione di un foro fino alla profondità previste che poi successivamente andrebbe rinchiuso e non si è sicuri della resa di questa occlusione che non può essere fatta con i materiali nelle caratteristiche geotecniche originari, ma con materiali con una compattazione, addensamento e tenuta decisamente inferiori rispetto a quelli originari.
Se questo problema in altri posti può essere trascurato non lo si può fare in un sito quale quello dei Campi Flegrei, con un’allerta gialla in essere. poca distanza dalla nuova ipotetica perforazione nel sito in esame c’è la località Pisciarelli, il sito più attivo della zona, in cui è addirittura interdetto l’accesso a chiunque per gli elevati rischi connessi a possibili esplosioni e ad instabilità dell’intera area.
Una ricerca della National Geographic ha chiarito qualche tempo fa che il magma è prossimo alla pressione critica di degassamento il che accelererebbe i processi di riscaldamento e di deformazione della crosta nell’area, in quanto il rilascio dei gas alterano le caratteristiche di resistenza dei materiali superficiali che di conseguenza potrebbero opporre minore opposizione alla risalita del magma.
Ad oggi infatti nei campi Flegrei da circa una decina d’anni c’è in atto un processo di accelerazione della deformazione del suolo che avviene con velocità sempre maggiori e le analisi dei gas provenienti dal sottosuolo hanno consentito di verificare un considerevole innalzamento del magma.
Da un’analisi estremamente semplice quale quella riportata in grafico si può osservare che l’attività del complesso vulcanico è mediamente in graduale crescita dal mese di gennaio del 2020.

La struttura vulcanica dei Campi Flegrei è sotto continuo monitoraggio e i rischi sono ben noti, per cui non si comprende appieno il motivo per cui si può programmare la realizzazione di un impianto di geotermia in un’area con un effettivo e considerevole rischio di eruzione. Oltre a poter costituire un ulteriore rischio o ad incrementare quelli esistenti, visti i tempi molto lunghi per lo studio e la realizzazione di questo tipo di opere sarebbe forte il rischio anche qualora si riuscisse a realizzare l’impianto di doverlo poi abbandonare per il rischio eruzione.

A cura del Dott. Erminio Esposito (Geologo)