L’auspicio è tornare tutti in classe: ingiusto però demonizzare la Dad
Un cauto ottimismo, quello manifestato da molti proff nei confronti dell’auspicio del governo di poter riaprire le scuole subito dopo Pasqua e garantire lezioni in presenza fino alla prima media anche nelle zone rosse.
Di questo parere Ennio Silvano Varchetta (nella foto), docente di scuola secondaria e già referente di progetti e iniziative di contrasto alla dispersione scolastica e recupero minori a rischio.
Il premier Draghi in linea con il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha dichiarato che, dopo Pasqua, anche nelle zone rosse, dopo aver controllato i parametri, le scuole, fino alla prima media potranno riaprire.
– È fiducioso al riguardo?
Cautamente fiducioso e ottimista. I dati percentuali relativi alla vaccinazione del personale scolastico si rivelano positivi e questo costituiva una delle condizioni fondamentali per poter tornare in presenza.
Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sottolinea infatti l’accelerazione della campagna di vaccinazione del personale scolastico, pur evidenziando differenze tra regioni e regioni.
– Trova che la mancanza di uniformità fra le regioni possa diventare un problema?
Potrebbe esserlo nel momento in cui tale disomogeneità superasse certi valori di guardia. Le differenze tra regione e regione sono legate a questioni organizzative – scarso coordinamento tra le regioni – o dalla difficoltà di individuare una regia unica che regoli il sistema sanitario, gestito a livello regionale. Se i dati relativi alle vaccinazioni si dimostrano abbastanza elevati ovunque non dovrebbero esserci grandi problemi.
– Condivide in sostanza l’ottimismo del ministro Bianchi nella gestione dell’emergenza scolastica, secondo cui “la campagna vaccinale sta andando alquanto bene”?
Direi di sì. Non vi sono stati rifiuti di massa. Ad eccezione di qualche circoscritta e isolata perplessità, la maggioranza del personale sia docente che non docente si sta vaccinando, i numeri ce lo confermano. Nella nostra Regione però la situazione è un po’ a rilento, bisogna accelerare.
– Il 26 u.s. in alcune città si è tenuto lo sciopero dalla Didattica a distanza da parte di studenti e docenti. Condivide le ragioni della mobilitazione?
Non credo che in questo momento, con tutti i problemi che stiamo vivendo, sia opportuno lanciare iniziative di questo genere. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di tornare in presenza, il problema piuttosto è farlo nella dovuta sicurezza, e penso che dopo Pasqua, con tutte le valutazioni del caso, ce ne potrebbero essere le condizioni.
– Sappiamo che lei, in tema di Dad, ha lanciato, più volte, in questi mesi, attraverso articoli e riflessioni, idee, proposte e critiche… Cosa ci dice a riguardo?
È vero che purtroppo non tutti i ragazzi sono stati raggiunti allo stesso modo e che non tutte le zone possono contare su una connessione di pari qualità: sono questi problemi strutturali che andranno indubbiamente risolti. Speriamo di ritornare quanto prima alla normalità, ma trovo che non sia giusto demonizzare uno strumento, come la Dad, che ci è stato comunque di grande aiuto in questo periodo difficile. Non abbiamo avuto alternative. È stato mantenuto il contatto con gli alunni e le famiglie, sono stati organizzati momenti di formazione assolutamente significativi e se da un lato molti hanno lamentato i limiti che essa ha significato, dall’altro ha garantito lo svolgimento di lezioni, trasmissioni di conoscenze e impartito quelle giuste regole da cui ogni alunno non può prescindere.
– Parliamo della nostra realtà locale: come hanno affrontato questi mesi di pandemia le nostre scuole…?
In linea di massima tutti i nostri istituti hanno da subito risposto con impegno e determinazione. Dapprincipio sono partiti con i corsi di formazione per poter lavorare sulle piattaforme, e quindi si sono approntati gli orari delle lezioni con i codici da inviare alle famiglie. In molti casi, ci si è adoperato per poter fornire in comodato d’uso di tablet e pc portatili alunni che ne erano sprovvisti. E poi monitoraggio costante per raggiungere tutti. È stato un importante lavoro non solo di coordinamento che ancora oggi continua, che ha visto gli insegnanti saper abbinare alla docenza anche una buona dose di interventi di prevenzione, diagnosi e cura del disagio psicologico ed emotivo.
– Come giudica i primi passi del ministro Bianchi in un momento così difficile?
Il ministro Bianchi è una persona di grande esperienza, abituata a confrontarsi con problemi di alta amministrazione: ha avuto modo di occuparsi del mondo della scuola in qualità di assessore regionale in Emilia Romagna ed è stato docente e rettore universitario. Recentemente ha fatto parte del gruppo di lavoro della task force voluta dall’ex Ministro Azzolina. L’ auspicio è che l’attuale titolare del dicastero di Viale Trastevere riesca a infondere più fiducia nei cittadini nei confronti dell’istituzione scolastica, che si è difesa bene durante il periodo della Dad e della pandemia e che adesso deve dimostrare di avere la capacità di recuperare quelle situazioni di svantaggio venutesi innegabilmente a creare. Io personalmente, avrei preferito che fosse affiancato in qualità di sottosegretario da Marco Rossi Doria o Cesare Moreno, grandi esperti dell’universo scuola, pionieri di importanti progettazioni su innovazione, dispersione e inclusione nonché nostri concittadini, ma le scelte sono, come sappiamo, ricadute su altri. Ci auguriamo che venga data la giusta attenzione alle scuole del sud e alla nostra regione.
– Spesso le scuole di Napoli sono attenzionate dalla stampa: perché?
Le realtà scolastiche delle nostre zone, Napoli e provincia, hanno spesso e volentieri necessità di interventi strutturali. E lì è chiamata in causa la politica, le istituzioni. I dirigenti scolastici e i docenti possono intervenire sui fenomeni della dispersione scolastica, del bullismo e cyberbullismo con dei progetti molto attivi, ma non possono intervenire su fattori di manutenzione ordinaria e straordinaria, tipo le infiltrazioni di acqua, i guasti nei bagni, le finestre rotte e via discorrendo. Spesso gli interventi che vengono fatti, probabilmente per questioni economiche, sono di rappezzo, marginali, non sono risolutivi del problema. Questo crea un clima di sfiducia, di malessere, e la scuola viene mal vista, perde di credibilità. La prima educazione alla legalità passa attraverso una scuola sicura: tutti dicono che la scuola è fondamentale per il processo di crescita e di autonomia dei ragazzi, ma si investe poco. Ci rendiamo conto, ovviamente anche delle difficoltà burocratiche ed economiche che in questi anni sono di particolare rilevanza. Occorrerebbero investimenti massicci per fare scuole belle ed accoglienti. La scuola, dalle nostre parti è l’unica istituzione presente in un quartiere, uno dei pochi baluardi di legalità, un punto di riferimento fondamentale, e proprio per questo andrebbe valorizzato con risorse ed attenzioni. La parola d’ordine è Riprendere quota e il giusto prestigio che merita.
Intervista a cura di Emanuela Guarnieri