ROMA – Martedì scorso la commissione Bilancio della Camera ha chiesto alla commissione per le Politiche europee di rinviare l’adozione della direttiva Ue sul ritardo dei pagamenti, eliminando dalla legge Comunitaria 2011 il recepimento delle relative norme che gli danno attuazione. Gli effetti finanziari delle nuove regole secondo la Ragioneria dello Stato sarebbero, infatti, significativamente gravosi per gli equilibri finanza pubblica. Nella nota si segnala che l’introduzione dei termini richiesti dalle norme Ue nel nostro ordinamento, “in assenza di un contestuale adeguamento delle vigenti procedure di pagamento in ambito pubblico e stante la situazione di forte ritardo nelle erogazioni”, peserebbe sull’erario nel risultante addebito di interessi moratori, non determinabili anteriormente e privi di una adeguata copertura, compromettendo in modo serio la finanza pubblica.
La Ragioneria afferma che in previsione dell’adozione della direttiva, le relative modifiche normative e amministrative devono essere sostenute da ulteriori risorse, dirette ad assorbire gradualmente i debiti in sospeso, oltre che da una semplificazione dei pagamenti soprattutto attraverso un impiego maggiore di sistemi automatizzati che agevolano l’effettuazione dei pagamenti entro i termini previsti dalla direttiva europea.
La recente direttiva per il contrasto dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (2011/7/UE del 16 febbraio 2011, pubblicata sulla G.U.U.E. L 48/1 del 23.2.2011) è stata approvata dal Parlamento europeo il 20 ottobre 2010, e dal Consiglio dell’Unione Europea nella seduta del 24 gennaio 2011. Essa rafforza i contenuti della precedente direttiva del 2000 sulla stessa materia.
Questo intervento è volto a garantire gli interessi dei creditori, soprattutto piccole e medie imprese più fragili in tempo di crisi, anche se nel rispetto dell’autonomia contrattuale.
La normativa prevede l’imposizione alle imprese pubbliche e private di un termine di 30 giorni per saldare le fatture in sospeso. Chi non vi si attiene diventa passibile di una multa, salvo un diverso accordo tra le parti.
Nel caso di un rapporto tra imprese private la deroga può arrivare fino a 60 giorni e ancora oltre, se specificatamente previsto dal contratto, a condizione che non rappresenti una chiara ingiustizia verso la parte più debole.
Nei casi di rapporti tra imprese ed amministrazioni pubbliche ogni ritardo deve essere giustificato con motivazioni reali e, se pattuito per casi straordinari, non può eccedere i 60 giorni.
Agli enti pubblici che offrono servizi in materia di assistenza sanitaria è concesso un ritardo massimo di 60 giorni, vista la natura esclusiva del servizio prestato.
È confermato il diritto delle imprese a pretendere il pagamento degli interessi di mora ed il rimborso di tutti i costi sopravvenuti a tal fine. In caso di ritardi ulteriori rispetto a quanto previsto, le società e gli enti statali sono tenuti a versare una penale pari all’ 8% sul tasso di interesse di riferimento della Banca centrale europea ed a sostenere una spesa forfettaria di 40 euro che andrà a compensare le spese di recupero del credito. Il valore della penale è il risultato di un compromesso tra Stati Membri, che chiedevano il 7%, e Parlamento europeo, che aveva proposto una percentuale del 9. Non è consentito alle pubbliche amministrazioni fissare tassi inferiori per gli interessi di mora.
È stato previsto anche un periodo di collaudo di 30 giorni per garantire che i prodotti e i servizi offerti corrispondano alle condizioni contrattuali. Tale intervallo di tempo può essere esteso nel caso di mercati particolarmente complessi se esiste un accordo tra le due parti. Il Parlamento ha tuttavia raccomandato di non utilizzare questo periodo come scusa per rinviare i pagamenti.
La direttiva deve essere recepita negli ordinamenti nazionali entro il 13 marzo 2013, a 24 mesi dalla sua adozione. Essa potrebbe avere un impatto decisivo sull’economia europea e l’Italia ha ancora tempo, ma dovrà saper valorizzare questa normativa in grado di tutelare fortemente il suo tessuto imprenditoriale. La puntualità dei pagamenti può permettere, infatti, alle PMI di detenere una sufficiente liquidità, soprattutto ora che le banche hanno difficoltà ad accordare linee di credito.
Secondo stime ufficiali i ritardi nei pagamenti causano la perdita di 450.000 posti di lavoro all’anno e di un fallimento su quattro nell’economia europea. Questo problema colpisce in particolar modo i beneficiari di commesse pubbliche. Nel 2008, un’indagine tra le imprese europee ha evidenziato che le amministrazioni pubbliche hanno onorato le loro fatture, in media, con 65 giorni di ritardo, dopo 10 giorni rispetto al settore privato. È stato calcolato che con questo provvedimento le imprese potrebbero aumentare di 180 miliardi di euro la disponibilità di cassa.
Eleonora M. Pani